I primi atti sull’edificazione della Chiesa di Amaroni risalgono al 1793 e sono depositati presso l’Archivio di Stato di Catanzaro; si tratta prevalentemente di lettere indirizzate alla Giunta di Catanzaro per chiedere i fondi necessari alla ricostruzione della Chiesa Matrice, distrutta dal terremoto del 28 marzo 1783. La prima lettera risale a ben sei anni dopo la distruzione, esattamente al 6 giugno 1789, periodo in cui per consentire alla popolazione di praticare il culto fu costruita una baracca di legno sulle macerie dell’edificio religioso, grazie agli amaronesi che non potendo contribuire con denaro misero a disposizione manodopera, attrezzi e materiale. Furono gli stessi cittadini a iniziare l’opera di ricostruzione della Chiesa, seguendo un progetto che loro stessi acquistarono; nel frattempo la popolazione sollecitò più volte l’intervento dell’ing. Claudio Rocchi che giunse ad Amaroni nell’ottobre del 1790. In un documento a firma dell’allora sindaco di Amaroni, Vito Muzzì, del notaio Nicola Muzzì e dell’economo Fra Tommaso D’ Amarone sono riportate le spese iniziali sostenute per la ricostruzione.
In una lettera del 1791 s’informa la Giunta di Catanzaro che la porta centrale, le porte piccole e il frontespizio sono stati intagliati dai Mastri Laurenzio e Nunzio di Serra.
La chiesa fu consacrata al culto dal Vescovo di Squillace; i suoi affreschi portano la firma dei pittori Zimatore e Grillo, famosi artisti di Pizzo Calabro. Le immagini della volta rappresentano il Battesimo di Gesù, S. Cecilia al piano, il sacrificio di Abramo, la Sacra Famiglia, S. Antonio, S. Barbara, S. Paolo e S. Pietro. Il tempio misura 28 metri in lunghezza, 22 in larghezza e 19 in altezza; la pianta ha forma rettangolare ed è divisa in tre navate. Alla chiesa si accede grazie ad una scalinata. Sul lato sinistro ci sono 39 colonne che funzionano da parapetto e portano alla navata laterale sinistra. Il portone centrale dà sulla piazza antistante ed è incorniciato da colonne in pietra scolpita. La facciata in intonaco liscio vede posto, a un’altezza di 14 metri, un cornicione in pietra. In alto è posta l’effigie di S. Barbara in terracotta, collocata in una nicchia; sul lato destro troviamo la porta laterale da cui si accede alla navata; la porta è molto semplice, con piccole decorazioni e intagli. Alzando gli occhi si può osservare il quadrante dell’orologio, posto alla base della cuspide del campanile. Le due campane dell’orologio sono collocate sulla parte superiore; le ore sono scandite da due martelli dotati di meccanismi elettronici, per opera di Giuseppe Muzzì. Le tre grosse campane principali sono poste a ovest, nord e sud, sotto gli archi, sovrastate dal maestoso campanile a forma di cupola, alto 24 metri. All’interno, la Navata centrale è divisa in tre parti da due muri; il soffitto è a volta, il pavimento è in graniglia. Il pulpito, chiamato “ambone”, in legno di noce, intagliato dall’artista amaronese Giovanni Versace, è posto a sinistra; la forma è esagonale e gli intagli raffigurano la torre di S. Barbara. Sopra è collocato il leggio, rigorosamente in legno.
Al centro della chiesa è collocato il dominante Altare a forma di mensa retto da due lastroni di marmo; poco distante il più imponente altare in pregiato marmo con ai lati testine di Angeli e al centro il Tabernacolo, chiuso da una porta in oro, lavorato a mano.
In alto domina maestosa l’effige di S. Barbara, protettrice della Chiesa e della Comunità amaronese; opera splendida di cui si ignorano sia l’autore e la data di realizzazione.
La chiesa Matrice e Santa Barbara rappresentano per tutta la popolazione amaronese un legame religioso e sociale fondamentale.